PENSIONI: CRESCITA DELLA VITA E DECRESCITA DEL TASSO DI NATALITÀ
Carlo Pisani
in Colloqui Giuridici sul Lavoro, 2016
Il problema di individuare gli strumenti giuridici più efficaci per incentivare la natalità, rimanda all’esame delle ragioni di questa denatalità record italiana: secondo i dati Istat nel 2015, per la prima volta dal 1861, le nascite sono scese sotto le 500 mila unità, con ulteriore calo del 6% nel 2016.
Si tratta di un tema che si presta ad essere trattato con buona dose di ipocrisia o, quantomeno, ignorando le cause profonde del fenomeno.
Alcuni studiosi, sfidando il “pensiero unico”, stanno cominciando a sostenere che difficilmente la denatalità record dell’Italia, come di altri paesi sviluppati, può essere contrastata con le politiche di welfare. Queste possono temporaneamente arginare il fenomeno, ma non invertire la tendenza, come dimostra il caso di paesi, prima fra tutti la Germania, che non hanno affatto risolto il problema nonostante importanti politiche di sostegno in questo campo.
Infatti, le cause profonde per le quali la coppia occidentale non fa più figli o ne fa uno solo (numero insufficiente, come si sa, ad evitare la diminuzione della popolazione), sono culturali e antropologiche e risiedono nei caratteri di fondo della modernità dell’occidente, oltre che, ovviamente, nei progressi nel controllo delle nascite.
Tra questi caratteri qui viene in rilievo l’individualismo, definito come antropocentrismo radicale (Taylor), di cui è permeata la società moderna occidentale, inteso come diritto di scegliere da sé il proprio modo di vita, di decidere in piena libertà. Il punto non è soltanto che le persone sacrificano i loro rapporti d’amore o la cura dei figli per inseguire carriere e benessere (narcisismo edonista); qualcosa del genere è sempre esistito. Il punto è che oggi molti si sentono chiamati a fare questo, sentono che debbono comportarsi così, che altrimenti le loro vite sarebbero sprecate o rimarrebbero irrealizzate se si comportassero diversamente; la cultura della tolleranza in materia di auto-realizzazione individuale rifugge dalla pretesa degli ideali morali secondo cui talune forme di vita siano realmente superiori ad altre. Uno dei principi di quella che è stata chiamata la cultura dell’autenticità, è che la vita degna di essere vissuta è quella che ciascuno cerca per sé, a suo modo. Essere fedele a se stesso significa seguire obiettivi di auto-appagamento o auto-realizzazione. Questo relativismo non accetta altri obblighi che quelli verso il proprio sviluppo. La diffusione della mentalità che fa dell’auto-realizzazione il principale valore della vita, riconosce assai pochi imperativi morali esterni, nella misura in cui possano facilmente entrare in conflitto con lo sviluppo personale. Sicché le esigenze di una carriera, di un certo benessere, o di una maggiore libertà personale, possono risultare incompatibili con gli obblighi verso famiglia e figli. Di qui lo slittamento verso modalità egocentriche dell’ideale dell’autorealizzazione che possono arrivare fino alla scelta di un sistema “childfree”. È significativa l’immagine della copertina del Times che raffigura una giovane coppia senza figli sdraiata a prendere il sole in qualche località esotica.
Pertanto, togliere risorse alla sanità, abbassando il livello di cure ai nostri anziani per destinarle a “bonus bebè” o ad altre misure di sostegno, rischia di essere un paliativo inidoneo ad arginare un fenomeno epocale, culturale, antropologico.